Progetto HoPE “Hands on Physics Experience”: Of the Students, by the Students and for the Students

Aree tematiche di riferimento: chimica, tecnologia, matematica, fisica
Stato attuale del progetto: in essere

 

HoPE (Hands on Physics Experience) is a project resulting from the collaboration of our school (Liceo Scientifico “Antonio Roiti” – Ferrara) and the MIT (Massachusetts Institute of Technology – Boston) . It originated as an opportunity for the exchange of different cultures and learning methods and aimed at creating a collaborative environment without barriers, such as age and gender. After the presentation of the project given by a teacher from MIT and the closing of the registration, HOPE started with a meeting where the students were divided into groups to discuss and devise the ideas they would be working on for the following weeks. The students, followed by professors and tutors from both MIT and Roiti, labored to create the projects through several after-school weekly meetings. During the school year, students were to exhibit their works and sometimes participate in events to be evaluated afterwards.

Cambiamenti negli ultimi anni ed esperienze dei ragazzi

di Filippo Baggiani, Fabio Rossi, Sofia Tassi, Grazia Vecchiattini, Omar Zubi (Liceo Scientifico Roiti di Ferrara, classe 3S,  Anno 2023)

Il progetto “Hands on Physics and Engineering“, comunemente conosciuto con l’acronimo HoPE, è un progetto tutt’ora in essere, iniziato sperimentalmente in collaborazione con il College MIT di Boston nell’anno scolastico 2014-2015. Tra cambiamenti, come il nome che passa a “Hands on Physics Experience”, progetti e diverse peripezie (dovute alla pandemia-covid che ha giocato un ruolo importante), è riuscito a ottenere una discreta visibilità a livello nazionale e internazionale.

Qual è lo scopo di HoPE?

Modellino della scuola: selezionando su un tastierino la classe che si vuole raggiungere, la destinazione verrà illuminata mediante dei led. Il modellino comprende dettagliatamente l’intera planimetria della scuola.

Ce lo spiega la responsabile del progetto, la professoressa Maria Cristina Trevissoi. HoPE nasce con l’obiettivo di creare una comunità priva di barriere legate ad età, genere o etnia, che permetta ai partecipanti di maturare nell’ambito sociale e collaborativo, dando la possibilità a persone con metodi di apprendimento e culture diverse di interagire e imparare gli uni dagli altri.
I partecipanti hanno poi la possibilità di prendere parte al progetto anche negli anni successivi e in quelli universitari nel ruolo di mentore. Il progetto si presta nell’integrare le diverse metodologie di insegnamento ed apprendimento delle materie STEM (science, technology, engineering and mathematics) in un ambiente inclusivo dove lo studente e le sue esigenze sono poste al centro dell’attenzione permettendogli di esprimersi e di stimolare il suo percorso educativo.

Nel corso degli anni la nostra scuola ha partecipato a diversi eventi iniziando proprio da quelli più vicini a noi, organizzati al Polo Scientifico Tecnologico di Ferrara, sia per insegnanti che per ragazzi più piccoli di scuole medie ed elementari.

Si è arrivati poi alla partecipazione a eventi esteri, anche oltreoceano.
Il primo fra tutti quello al MIT di Boston nel 2018 che consisteva in una presentazione generale dei progetti realizzati dai ragazzi.
Come seconda meta più importante la nostra scuola ha deciso di puntare al CIC (Coneixement I Cultura) di Barcellona, dove con un’illustrazione generale dei progetti e del metodo con cui gli studenti lavorano, è stata invogliata la scuola all’adesione al progetto.
Terza tappa importantissima di HoPE è Praga. Gli studenti sono riusciti a partecipare alla fase internazionale dell’evento Science on Stage nel 2022 dopo essere stati selezionati tra i migliori tre alla fase nazionale di Faenza.
Questi sono solo alcuni degli eventi più importanti, vengono infatti organizzate diverse conferenze per far arrivare il progetto a più enti possibili.

Chess board:  scacchiera automatizzata con la quale è possibile giocare a scacchi senza dover spostare manualmente le pedine, i pezzi sono infatti muniti nella parte sottostante di  magneti che verranno attirati da un secondo magnete posto al di sotto della scacchiera e spostato con il carrello di una stampante 3d. I movimenti che le pedine devono eseguire sono inseriti tramite un computer rendendo il tutto successivamente automatizzato.
Lo svolgimento di HoPE qua in Italia è ispirato al modello utilizzato dagli americani al MIT di Boston. I primi giorni sono dedicati alla ricerca e selezione dei progetti che saranno poi portati avanti durante tutto l’anno. Successivamente ci si dedica alla formazione dei gruppi e in questa occasione persone con passioni e interessi comuni hanno l’opportunità di discutere e valutare come procedere al meglio per la realizzazione dell’idea finale.
La parte vera e propria del lavoro inizia subito dopo: i ragazzi infatti si trovano ogni lunedì pomeriggio per tre ore dedicandosi ai lavori. A fine gennaio arrivano studenti del MIT assieme al professor Ed Moriarty (docente del MIT) per aiutare a completare i progetti prima delle presentazioni all’open day. I partecipanti al progetto si ritrovano per tutto il periodo di tempo di una settimana che prende il nome di “settimana intensiva”. Dopo questo periodo riprendono gli incontri regolarmente e i ragazzi hanno l’occasione di terminare e migliorare i propri progetti prima della presentazione finale.

Il progetto, oltretutto, prosegue durante l’estate, con la summer school, per alcuni studenti selezionati, e consiste nella frequentazione di corsi e laboratori della durata di 4/5 settimane tenuti a Boston nella sede del MIT.

Quali sono le effettive aggiunte e i principali cambiamenti che HoPE ha subito dalla sua creazione nel corso della propria esistenza?

In primo luogo il progetto in sé è partito con un numero ristretto di persone che durante gli anni è andato ad allargarsi fino a comprendere, in modo quasi egualitario, molti più studenti tra ragazzi e ragazze (abbattimento del gender gap con il 48% di ragazze e il 52% di ragazzi solo quest’anno).

Inoltre HoPE si sta espandendo anche in Italia: per iniziare si è deciso di presentare il progetto ad un limite di altre due scuole superiori italiane, limite che avrà l’occasione di essere superato in futuro.

Qual’opinione degli studenti partecipanti?

Per comprendere meglio il punto di vista dei partecipanti abbiamo posto alcune domande a tre dei 60 (circa) studenti che hanno aderito quest’anno al progetto: due di questi, Emma Guidi di 4G e Jacopo Boaretto di 5P, sono mentor che partecipano già da diverso tempo; l’ultima testimonianza arriva invece da una ragazza, Miriam Beccari di 3G, che ha iniziato l’esperienza quest’anno e nonostante ciò è stata scelta da Ed per seguire le attività estive della durata di 5 settimane al MIT di Boston. 

In generale tutti e tre gli intervistati sono stati d’accordo nell’affermare che la spiegazione teorica fornita in classe dai professori spesso viene compresa meglio quando applicata in modo pratico durante l’elaborazione dei progetti, e a questi ultimi una volta recepita la nozione è possibile donare il proprio tocco personale. Il periodo di costruzione dei lavori permette inoltre di apprendere il corretto utilizzo di diversi strumenti manuali che normalmente non si avrebbe mai l’occasione di sperimentare.

Electro bike: con una semplice pedalata è possibile produrre una limitata quantità di energia, utilizzabile per esempio per caricare (certo in modo poco immediato) il proprio cellulare.

I due mentor hanno inoltre affermato di aver sviluppato alcune tra le cosiddette “soft skills”, più comunemente conosciute come competenze trasversali: competenze necessarie soprattutto in ambito lavorativo quando ci si approccia ad un ambiente che può rivelare qualche ostacolo (capacità di problem solving) e ad un gruppo di persone con le quali bisogna stabilire un rapporto di collaborazione, proprio come avviene per HoPE.

In campo di amicizie c’è chi ha dichiarato di aver trovato una vera e propria intesa con il proprio gruppo di lavoro, e che le relazioni che si formano all’interno di questi, aiutano anche le persone più timide e introverse ad inserirsi e dare il proprio contributo sentendosi accomunate dalle passioni che legano tutti i componenti: difatti le collaborazioni tra studenti nascono proprio da interessi comuni.

Un altro aspetto importante è la conoscenza dell’inglese, quest’ultima viene migliorata durante la partecipazione al progetto. Il metodo di comunicazione utilizzato da Ed e dagli studenti del MIT è semplice da recepire, tuttavia spesso si tende a “mandare avanti” il membro del gruppo che padroneggia meglio la lingua. Ci sono poi alcuni termini specifici  che vanno ricercati in quanto non sono utilizzati spesso nel linguaggio comune durante una semplice conversazione; ma soprattutto nel corso della “settimana intensiva” citata precedentemente, si ha l’occasione di migliorare il proprio inglese.

Abbiamo infine chiesto ai mentors della loro esperienza personale in quanto tali e entrambi ci hanno espresso la propria soddisfazione nella possibilità di mettersi in gioco per imparare a gestire un gruppo e tutto il lavoro che c’è dietro, partecipando comunque attivamente alla realizzazione dei progetti.

Anche quest’anno sono stati selezionati pochi studenti che parteciperanno alla summer school del MIT prevista per luglio: la sola idea dell’esperienza dona un turbine di emozioni e la consapevolezza di aver ottenuto un’enorme opportunità che andrà a completare eccezionalmente l’esperienza iniziata con HoPE.

 

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