Un passo verso il futuro al fianco delle giovani generazioni
di Ludovica Vallese, Martina Domenica Marano e Lucia Calanca (5B – Liceo Scientifico Roiti di Ferrara – anno 2017)
Aree tematiche di riferimento: scienza e società, ecologia Stato attuale del progetto: concluso
Siete dell’idea che la scienza sia un tema confinato agli obblighi scolastici o legato a temibili ricordi di ore di studio sui libri? Qualcosa di cui liberarsi appena possibile? O addirittura troppo difficile e accessibile a pochi?
Se è così, vuol dire che non avete mai sentito parlare di ”The future of science”.
Per dare un esempio di come la scienza possa cambiarvi nel momento in cui le sia concesso di parlare la lingua dell’umanesimo e non solo della tecnica, presenteremo brevemente la parte di questo importante progetto legata al coinvolgimento delle scuole. Lo faremo tramite questo articolo e la video presentazione realizzata in classe.
Le origini del progetto

“The future of science – Wold Conference” nasce nel 2005 da un’idea di Umberto Veronesi (recentemente scomparso, Veronesi è stato un chirurgo oncologo di fama oltre che un opinion maker decisivo nell’Italia degli ultimi quarant’anni), che sognava, come obiettivo della propria omonima Fondazione, una comunità globale istruita e critica, impegnata nel coinvolgere e far avvicinare anche i più giovani all’intrigante e innovativo mondo della scienza. Nelle sue parole:
“L’idea di queste conferenze nasce dalla consapevolezza che la scienza è motore dello sviluppo sociale, economico e culturale solo quando le sfide e i dilemmi che accompagnano il progredire della conoscenza sono discussi dall’intera società”.
Veronesi decise di condividere questa sua aspirazione con i presidenti di altre due fondazioni, il Dott. Barzoi, della Fondazione Giorgio Cini e il Dott. Tronchetti, della Fondazione Silvio Tronchetti Provera, che con entusiasmo si sono affiancati a lui per questo progetto internazionale volto a identificare e sviluppare temi e problemi centrali per costruire il futuro dell’uomo e del pianeta.
Operativamente, “The future of science” è un ciclo intensivo di conferenze (sul sito http://www.thefutureofscience.org/ sono ovviamente disponibili tutti i programmi e i protagonisti delle scorse edizioni) spalmate su tre giornate che hanno luogo a Venezia nel mese di settembre (Isola di San Giacomo Maggiore) e al quale danno ogni anno il loro contributo numerosi relatori di fama internazionale, tra cui premi Nobel di diversi settori, che cercano di rendere accessibili ed attraenti anche ai meno esperti gli argomenti trattati. Ogni anno, naturalmente, viene scelto un argomento differente, che verrà poi affrontato durante le conferenze da vari punti di vista, per rendere più interessante, completa e formativa l’esperienza di chi vi partecipa. Le conferenze vengono tenute sia al mattino che al pomeriggio, alcune anche in inglese.
“Il tema viene deciso dai nostri comitati organizzativi, il criterio è quello di essere un passettino avanti rispetto a quelli che sono i temi di estrema attualità della scienza. L’idea è quella di anticipare dei concetti scientifici che poi avranno una ricaduta sulla società e sulla vita delle persone”, ci spiega il Dott. Nicolò Cavalieri, responsabile della segreteria organizzativa dell’evento.
La ‘peer education’ e il rapporto con le scuole: una strategia per arrivare a tutti
Tra gli obiettivi principali che si pongono le conferenze, vi è, come si è detto, quello di divulgare al massimo le tematiche affrontate e le soluzioni proposte. Per farlo ci sono sicuramente i report scientifici, gli uffici stampa e i servizi televisivi, ma non soltanto questi, perchè il rischio resta quello dell’autoreferenzialità pur in presenza di relatori così straordinari.
Una delle strategie che è stata scelta dopo il primo anno di conferenze fu quella di coinvolgere le scuole attraverso un processo di peer education. Se è vero infatti che le conferenze sono aperte, era piuttosto difficile immaginare che tutti gli interessati potessero trovare posto per ascoltarle dal vivo.
Identificati dei bacini territoriali dove esistesse un supporto economico-logistico e persone di fiducia capaci di stabilire un radicamento di lungo periodo rispetto agli istituti medio-superiori, “The future of science” ha cominciato ad offrire alle scuole la possibilità di inviare a Venezia una rappresentanza ristretta di propri studenti, scelti fra quelli giudicati come i più interessati o i più meritevoli in ciascun istituto. Diremo più oltre del caso romagnolo, particolarmente significativo anche per il modo in cui è maturata questa partecipazione.
Questi alunni, una volta tornati tra le mura dei loro rispettivi istituti, hanno poi il compito di organizzare delle presentazioni alla propria classe o, in plenaria, a tutti gli studenti dell’istituto di provenienza, per condividere l’esperienza fatta e far conoscere l’impegno per il progresso messo in campo dalla comunità scientifica rappresentata a Venezia. Per favorire questo difficile compito di messaggeri affidato ai ragazzi invitati, durante le pause viene sempre offerta loro la straordinaria possibilità di parlare in prima persona con i relatori.

A raccontarci la propria esperienza è stato Matteo Maestri, ex alunno del liceo A. Serpieri di Rimini:
“Ad informarmi del progetto è stata la mia insegnante di scienze, la proposta di partecipare è stata fatta solo ai ragazzi con le medie più alte; i professori hanno stilato una graduatoria tra gli studenti più meritevoli e hanno scelto i quattro migliori, provenienti da quattro sezioni diverse. Siamo stati a Venezia tre giorni e ho un ricordo davvero piacevole dell’esperienza, perché ho potuto conoscere molte persone con cui sono ancora in contatto, e la location era davvero pazzesca. Ciò che ho appreso mi è servito da spunto per i miei studi successivi, ha chiarito i miei dubbi su cosa avrei voluto davvero fare in futuro, in particolare l’incontro con il Professor Cossu, luminare della medicina rigenerativa, ha influenzato la mia decisione di iscrivermi a medicina a Bologna e ora studio lì.”
Matteo Idà, studente del Liceo Linguistico Ilaria Alpi di Cesena, si è dapprima concentrato sull’importanza e la responsabilità di saper coinvolgere un gran numero di studenti nel processo di peer education di cui era stato investito:
“La parte più difficile è stata quando siamo tornati, ci è stato chiesto di condividere i contenuti delle conferenze a cui avevamo assistito, così con gli altri studenti che avevano partecipato ci siamo spartiti i temi che avevamo trovato più interessanti, e li abbiamo esposti in una conferenza tenutasi alla biblioteca Malatestiana di Cesena. La scuola ci ha chiesto poi di presentare l’esperienza fatta anche alle quinte dell’istituto, così ha organizzato delle lezioni aperte in cui noi studenti esponevamo quello che avevamo appreso.”
Premesso questo, Idà ha riflettuto sul fatto che partecipare alle conferenze non è stato solo un privilegio o “una bella esperienza”, ma qualcosa di veramente formativo che ha cambiato il suo modo di approcciarsi alla realtà quotidiana, lasciandogli un impressione vivida dell’integrazione tra i saperi:
“Il contributo più grande che il meeting mi ha dato a livello personale è stata l’opportunità di venire a contatto diretto con i relatori, che durante i momenti di pausa parlavano direttamente con noi. Vengo da una scuola dove abbiamo solamente due ore di matematica, fisica e scienze alla settimana, fino a qualche mese fa ritenevo che la conoscenza fosse quella che si trova nei libri di letteratura, e tutto il resto fosse sterile e antropologicamente inutile. Venezia mi ha fatto venire a contatto con una comunità scientifica che non ha nulla da invidiare, e anzi supera a mio parere in termini di apertura mentale, quella umanistica. L’esperienza mi ha svelato un lato delle scienze che personalmente ignoravo e questo ha influenzato le mie scelte di lì in poi, infatti ho scelto di studiare chimica industriale all’università”.
E’ chiaro che parole come queste lasciano pochi dubbi non tanto sul livello altissimo delle figure chiamate a “The future of science”, quanto del fatto che chiunque venga in contatto con questo tipo di ambiente nel modo in cui esso espone i suoi temi a Venezia comprende come tantissimi scienziati non si accontentino solo di svolgere bene il proprio lavoro, ma si pongano degli interrogativi e delle prospettive più ampi, che possano lasciare un segno e portare grandi benefici alle generazioni future.
Ma da chi è nata l’idea di coinvolgere anche gli studenti ?
Nel 2005, primo anno in cui le conferenze si sono svolte, partecipò agli incontri veneziani anche il Professor Carlo Bucci, docente di sociologia alla facoltà di Psicologia della sede di Cesena di UniBo. Ritenendo che il progetto fosse una vera e propria novità nel panorama italiano, decise di parlarne con il Professor Veronesi, proponendogli di aprire le conferenze agli studenti liceali.
“Perché abbiamo fatto questa cosa? Le scuole erano ancora troppo autoreferenziali, timorose sugli obiettivi di qualità, c’era una scarsa attenzione ai talenti e in generale si era poco consapevoli del potenziale di ciascun ragazzo. Le scuole avevano scarse aperture al sociale e alla ricerca pur a fronte di una grande voglia di sapere”, ha spiegato proprio il Professor Bucci durante l’apertura del ciclo di conferenze di “The future of science”, nel 2015.
La finalità da raggiungere era per lui era quella di formare “bravissimi” giovani, insegnando loro con la forza dell’esempio, che era necessario partire dai problemi cercando di ricavarne dei principi.
La tradizione della rappresentanza romagnola

Il Prof. Bucci, una volta che gli organizzatori di “The future of science” hanno accettato di accogliere alle sessioni veneziane delle rappresentanze studentesche, ha scelto di occuparsi in particolare della partecipazione degli allievi della Romagna, area da cui lui proviene. Come ci ha spiegato lui stesso:
“L’importante per me era non disperdersi e occuparsi di un territorio al quale dare un servizio, in modo che fosse una comunità precisa ad essere servita, piuttosto che più zone tra loro dislocate”
In questo territorio è da allora il Rotary Club a farsi carico delle spese di partecipazione e residenza degli studenti in quel di Venezia e ogni anno un gruppo che varia dagli 80 fino ai 130 ragazzi di vari istituti ha la possibilità di fare questa esperienza formidabile.
Si tratta, per il Rotary, di un ente internazionale che si occupa di risolvere problemi a livello locale e mondiale; ponendosi come obbiettivo lo sviluppo sociale. Condividendo gli ideali in capo al progetto “The future of science”, il Club finanzia dal 2006 il soggiorno a Venezia degli studenti romagnoli, scelti in modo meritocratico.
Una volta tornati, il Rotary chiede agli studenti di “restituire” la conoscenza acquisita, organizzando conferenze aperte alle intere comunità – scolastiche e non – in cui sono gli studenti in prima persona ad esporre le innovative tematiche incontrate a Venezia.
Grazie anche al lavoro sul territorio di persone come il Professor Bucci“The future of science” risulta perciò un progetto in grado di far avvicinare studenti, ma anche intere comunità all’intrigante e complesso mondo di una scienza in continua evoluzione, disponibile a informare la società sui cambiamenti in atto a livello globale e impegnata a proporre soluzioni ai problemi che riguardano l’umanità, al fine di favorirne lo sviluppo.
Conclusioni
A questo punto, se la vostra scuola non vi offre la possibilità di partecipare o siete ancora scettici in materia scientifica, affrettatevi a procuravi un biglietto, l’edizione 2017, dal titolo “Science & society: science for a better life”, non vi deluderà.